EVENTO SPECIALE
AL CINEMA 30-31 GENNAIO

GRACE JONES

BLOODLIGHT
AND BAMI

UN FILM DI SOPHIE FIENNES

con Grace Jones, Jean-Paul Goude, Sly and Robbie

Un viaggio elettrizzante attraverso la carriera pubblica e la vita privata dell’icona della musica e della cultura pop Grace Jones

Il Film

Fuori dal comune, trasgressiva, selvaggia, strepitosa, camaleontica e androgina – Grace Jones è tutto questo e molto altro.

Il documentario tratteggia un profilo inedito della Jones: amante, figlia, madre, sorella e nonna, senza filtri, alla ricerca di chi si cela davvero dietro la maschera da diva.

L’audace estetica di Jones emerge nell’intera pellicola grazie al sapiente lavoro delle regista Sophie Fiennes, capace di creare un’esperienza cinematografica di grande potenza, accostando a contrasto sequenze musicali, riprese più intime e materiale personale per ritrarre la persona che si nasconde dietro la maschera indossata dall’artista sul palco.

Documentario musicale – 115 minuti
2017 | Irlanda / Gran Bretagna
Regia e montaggio: Sophie Fiennes
Direttore della fotografia: Remko Schnorr
Direttore musicale: Ivor Guest
Copricapi realizzati da: Philip Treacy
Consulente creativo: Oisin Byrne
Original Staging Concept Eiko Ishioka
Produttori esecutivi: Christine Langan, Joe Oppenheimer, Lizzie Francke, Keith Potter, Francesca Von Habsburg, Danielle Ryan, Alan Maher, James Wilson, Émilie Blézat
Prodotto da: Sophie Fiennes, Beverly Jones, Shani Hinton, Katie Holly
Distribuzione: Officine UBU

JONES THE RHYTHM
Scritta da Bruce Woolley, Simon Darlow, Trevor Horn & Stephen Lipson

SLAVE TO THE RHYTHM
Scritta da Bruce Woolley, Simon Darlow, Trevor Horn & Stephen Lipson

WILLIAMS BLOOD
Scritta da Wendy Melvoin, Lisa Coleman & Grace Jones

THIS IS
Scritta da Grace Jones & Leslie Winer

LA VIE EN ROSE
Scritta da Louiguy & Edith Piaf

WELL WELL WELL
Scritta da Barry Reynolds & Grace Jones

WARM LEATHERETTE
Scritta da Daniel Miller

NIPPLE TO THE BOTTLE
Scritta da Sly Dunbar & Grace Jones

I NEED A MAN
Scritta da Paul Andrew Slade & Pierre Papadiamandis

PULL UP TO THE BUMPER
Scritta da Dana Manno, Sly Dunbar & Robert Shakespeare

HIS EYE IS ON THE SPARROW
Scritta da Civilla D Martin & Charles Gabriel

LOVE IS THE DRUG
Scritta da Bryan Ferry & Andrew Mackay

MY JAMAICAN GUY
Scritta da Grace Jones

HURRICANE
Scritta da Grace Jones & Adrian Thaws

Cast

Grace Jones

Non lo immaginereste mai, ma quando Grace cominciò a cantare come professionista, la prima volta in uno studio di registrazione si bloccò completamente: tremava, non riusciva ad emettere suono, non aveva trovato la sua voce, non sapeva di avere una voce. Provava a cantare come gli altri cantanti, perché così le veniva detto di fare, ma non riusciva a farlo. “Ero molto timida. Ma, pensai, voglio davvero farcela. Devo farlo. Cantai sotto il tavolo così che le persone all’interno dello studio non potessero vedermi. Per me fu come rinascere”, racconta Grace.

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Jean-Paul Goude

è un illustratore e regista francese. Ha lavorato come direttore artistico presso il periodico Esquire di New York negli anni settanta e ha coreografato la parata per il bicentenario della Rivoluzione francese del 1989.
Sue sono campagne pubblicitarie e illustrazioni realizzate per marchi quali Perrier, Citroën, Kodak, Chanel e Shiseido.
Goude ha spesso lavorato con la cantante e modella Grace Jones, della quale ha diretto i video musicali, coreografato i concerti e creato le copertine dei suoi album. Dopo essersi conosciuti nella scena disco New York, i due hanno presto intrapreso una relazione sentimentale e Goude ha iniziato a realizzare le copertine degli album della compagna. La loro relazione è terminata quando Jones è divenuta incinta del figlio Paulo.

Sly & Robbie

Sly Dunbar (batterista) e Robbie Shakespeare (bassista) sono una coppia di musicisti e produttori discografici giamaicani associati principalmente al genere reggae. Sono attivi dalla metà degli anni settanta e hanno un’etichetta discografica che fa a loro riferimento, la TAXI Records.

Sinossi

Slave-Deaths-Head

Il palcoscenico è il luogo dove si possono realizzare le fantasie più estreme e dove si può sprigionare in libertà la fantasia: è proprio sul palcoscenico che si mette in scena il musical della vita di Grace Jones. Il film include, tra gli altri, frammenti di performance inedite tratte dalle sue canzoni più famose come Slave To The Rhythm e Pull Up To The Bumper, ma anche brani autobiografici e più recenti come Williams’ Blood, This Is e Hurricane. Questi brani molto personali ci accompagnano nel racconto del viaggio che Grace Jones ha intrapreso attraverso la natia Giamaica assieme al figlio Paulo e alla nipote Chantal. Qui vengono mostrate senza reticenze le radici famigliari e viene raccontata la storia della sua traumatica infanzia.

Grace e i suoi fratelli, Chris e Noel, sono stati cresciuti per diversi anni dal nonno putativo Mas P, un uomo violento e autoritario: Grace con il tempo  ha imparato a pensare al passato come a un’esperienza formativa da cui trarre una lezione e un ricordo da esorcizzare. Nel frattempo, la sensualità dell’isola e il suo splendore tropicale hanno iniziato a risuonare potenti in Grace, risvegliando in lei un’insaziabile fame di vita.

In giamaicano il termine camerunense ‘Bloodlight’ si riferisce alla luce rossa che si illumina quando un artista è impegnato in una registrazione in sala d’incisione, mentre il termine ‘Bami’ fa riferimento alla focaccia giamaicana fatta con farina e tapioca, ossia un alimento simile al pane e che simboleggia la sostanza della vita. La pellicola alterna momenti di vita in Giamaica e frammenti di vita pubblica e privata di Grace Jones. L’artista viene ritratta tra Tokyo, Parigi, Mosca, Londra e New York, o ancora in sala di registrazione assieme al duo giamaicano, nonché collaboratore storico, Sly and Robbie o mentre discorre nel backstage con alcune fan in merito alla sua famosa apparizione televisiva al Russell Harty. Affettuosa e divertente, ma anche edonista e pronta a fare festa, Jones è anche una tenace e fiera donna d’affari. Punto fermo della pellicola è il palcoscenico, cuore pulsante del film. Mentre in sottofondo suonano le note di Love Is The Drug, viene messo in scena l’ultimo atto della pellicola e una delle scene più toccanti che ritraggono l’incontro con il fotografo francese Jean Paul Goude, creatore delle iconiche copertine degli album di Jones. In questi frammenti viene ritratta una Grace mai vista prima, che si mostra come chi ha vissuto a 360°. Nonostante tutte le sue contraddizioni e sfaccettature, Grace Jones è un’icona in cui molti si identificano: Jones è l’eccezione che conferma la regola

Gallery

Critica

“STRAORDINARIO”

EMPIRE

5 out of 5 stars

“SPETTACOLARE E PROVOCANTE”

SCREEN INTERNATIONAL

5 out of 5 stars

“ILLUMINANTE E LUMINOSO”

IL FATTO QUOTIDIANO

5 out of 5 stars

“SIOCCANTE”

INDIPENDENT

5 out of 5 stars

“FAVOLOSO”

THE GUARDIAN

5 out of 5 stars

“COMMOVENTE E SCONVOLGENTE”

SUNDAY TIMES

5 out of 5 stars

“INTENSO”

THE HOLLYWOOD REPORTER

5 out of 5 stars

Note di regia

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Questo film è nato con uno spirito di collaborazione creativa. Grace ha sempre controllato meticolosamente la sua immagine pubblica, ma ha preso la saggia decisione di togliersi la maschera. Non ha mai cercato di prendere il controllo delle riprese, ed io non ho dubitato del processo narrativo mentre giravo il film. Per 5 anni ho semplicemente raccolto l’evidenza. La semplicità delle riprese mi ha permesso di stabilire un’intimità con Grace e di rispondere alla ricchezza visiva dei luoghi e dei momenti che abbiamo condiviso. Ma la forza delle performance di Grace richiedeva un livello di produzione visiva e sonora più complesso. Ho capito quanto fosse importante per lei la messa in scena, per questo abbiamo creato uno studio teatrale unico per questo film. “La semplicità è sempre la cosa migliore”, ha detto Grace. Ispirata dai film musicali come Gilda, consapevole della mia esperienza su film di danza e grazie al lavoro di del direttore della fotografia Remko Schnorr, abbiamo avuto la possibilità di girare in Super 16. Guardando il film, l’esistenza di Grace è quasi nomade. Se le si chiede dove vive, penso che l’unica risposta possa essere “sulla scena”.

GJ_Pic47-Sophie-Fiennes-on-location.-Credit-Remko-Schnorr

La regista: SOPHIE FIENNES

Sophie Fiennes è una regista i cui documentari includono collaborazioni con il filosofo sloveno Slavoj Zizek in Guida perversa al cinema (2006) e Guida perversa all’ideologia (2012), con l’artista tedesco Anselm Keifer in Over Your Cities Grass Will Grow (2010) e con Grace Jones in Grace Jones – Bloodlight and Bami (2017), un’odissea sperimentale nel mondo dell’iconica cantante e performer.

Questo progetto segue il primo documentario della regista, Hoover Street Revival (2001), incentrato sulla storia della comunità di una chiesa Pentecostale a Los Angeles e i sermoni del suo predicatore, il reverendo Noel Jones, fratello di Grace Jones. I progetti televisivi di Fiennes includono il suo primo cortometraggio Lars from 1-10, riguardo il regista Lars von Trier e i suoi dogmi e i documentari artistici The Late Michael Clark (2000), Because I Sing (2001), VSPRS Show and Tell (2005), Liu Xiaodong Half Street (2013). Ha inoltre diretto un cortometraggio di 5 minuti, First Row Orchestra, per Arte’s Hopper Vu Par (2012). I film di Sophie Fiennes hanno ricevuto una distribuzione internazionale e hanno partecipato ad importanti festival come Cannes, Toronto e Sundance. È stata inoltre premiata con il NESTA fellowship award nel 2001 per il suo approccio innovativo al cinema, e con il Arte France Cinema Award nel 2008 al Rotterdam’s Cinemart.

Conversazione con Sophie Fiennes e Leonie Gombrich

Inizialmente ho incontrato Grace per parlarle di un mio film incentrato sulla Chiesa di Los Angeles di suo fratello maggiore Noel (Hoover Street Revival, 2001) e in quell’occasione mi aveva detto “Tu capisci da dove io provengo”. Improvvisamente si è alzata in piedi, ha battuto le mani e ha detto “Amo il profumo del tuo film”. Ci siamo sentite da subito molto vicine, ci accomuna l’avere una famiglia numerosa alle spalle, entrambe sappiamo cosa significa avere dei fratelli. In quel periodo Grace stava registrando l’album Hurricane, ma non volevamo che il film si concentrasse solo su quel lavoro, volevamo andare oltre. Così decisi di essere aperta a ogni possibilità, di raccogliere più immagini, testimonianze e materiale possibili. Quando ti trovi a realizzare un documentario, devi essere completamente aperto e disponibile alla vita, pronto a registrare tutto ciò che accade e si evolve intorno a te. Non c’è nulla che tu possa controllare se non il tuo istinto creativo. La mia valigia era sempre pronta, e non appena Grace chiamava, la seguivo ovunque, a Mosca, nello studio di registrazione, a New York… Era come se fossi un membro del suo entourage. Grace desiderava esplorare attivamente la sua relazione con la Giamaica e la sua famiglia e decise di portarmi con lei. Sono anche stata a Parigi mentre scattava assieme a Jean-Paul Goude. Per cinque anni ho raccolto materiale, un’enorme quantità di materiale. Successivamente è arrivato il momento di selezionare e pensare a cosa avrei potuto creare per raccontare tutto quello che avevo raccolto su Grace.

Ci sono quattro piani della narrazione nel film e il viaggio in Giamaica è certamente uno di questi. Sono livelli interconnessi tra di loro e che portano lo spettattore all’interno della storia. La pellicola è strutturata come una cipolla: strato dopo strato si combina l’intero ortaggio, allo stesso modo i diversi piani danno un senso all’opera. La pellicola non vuole essere nostalgica, non è un bio-pic finalizzato a raccontare in modo frammentato l’intera vita dell’artista. Il passato di Grace si ripresenta continuamente nel suo presente, ma il materiale raccolto in Giamaica è fondamentale per riportarci alle sue origini, alle radici e alla terra che l’ha vista crescere e dove ha trascorso la sua infanzia. Una volta raccolto il materiale, mi sono resa conto di quanto fossi affascinata dal forte contrasto tra ciò che era estremamente naturale – in termini di luce, pelle, suoni e colori – e di ciò che invece era artificiale – ovvero tutto ciò che riguardava Grace nella sua vita reale, lavorativa e pubblica di tutti giorni, ossia la metropoli, il trucco in volto, le suites degli hotel, i palcoscenici.

Grace pensa a se stessa come una narratrice, quindi mi sono avvicinata alle sue performance tenendo presente questo, immaginando che le canzoni servissero a dare forma alla narrazione. Ho lavorato a lungo sul montaggio del film, cercando di utilizzare le canzoni in modo che esprimessero al meglio il loro significato, dalla ipnotica furia di Nipple to The Bottle, all’inno a far festa che è Pull Up To The Bumper. Una volta Grace mi ha detto: “La musica dice molto di me, anche più di quanto posso dire io sulla musica”. Spero di essere riuscita a trasmettere questo nel film. Lo stare sul palco ha dato a Grace lo spazio e la libertà di muoversi e conservare il suo linguaggio estetico: forte, grafico ed elegante. Grace non ha mai fatto prove sul set. E’ come dice nel film: “L’artista deve correre il rischio lì fuori sul palco”. Il suo istinto è fondamentale negli spettacoli dal vivo, ed è il suo modo per relazionarsi con gli spettatori. Le sue performance sono cambiate negli anni da quel One Man Show degli anni 1980, allora era molto più distaccata e distante.

Grace si sente molto potente quando è nuda; non è motivo di paura né di vulnerabilità per lei. Jasper Conran ha lavorato con i costumisti della Royal Opera House per realizzare un corsetto che la facesse sentire libera nei movimenti e a suo agio. C’è qualcosa di aggressivo e vigoroso nei suoi movimenti, come una ballerina, ma i suoi movimenti sono influenzati anche dalla carriera di modella. Grace ha un fuoco vitale unico e in questo senso è veramente erotica. Come non citare poi i copricapo di Philip Treacy. Abbiamo fatto indossare a Grace questo incredibile soggolo proveniente dai suoi archivi e poi lei ha intonato Williams’ Blood; era lo stesso indossato quando ha cantato assieme a Pavarotti.

Ho lavorato a lungo con Ivor Guest, produttore dell’album Hurricane. Ivor appare anche nel film, inoltre ne è direttore musicale, si è occupato del montaggio delle registrazioni e della musica dal vivo. Ivor ha formato la Grace Jones Band, con cui Grace è in tour dal 2008. Ho lavorato anche con il direttore della fotografia Remko Schnoor e abbiamo girato con pellicole Super 16 mm. Avevo impressa in mente la semplicità e la bellezza delle straordinarie sequenze con Rita Hayworth nel film Gilda, dove la camera segue armoniosamente il movimento del corpo. La pellicola è un mezzo così sensuale. Spero la gente possa vedere il film nei cinema per vivere un’esperienza immersiva nei suoni e nelle immagini.

Credo che sia un’artista a tutto tondo. Ha autoprodotto l’album Hurricane. Come afferma nel film: “Volevo essere libera di fare la musica che desidero”. E’ molto personale e intimo. Come ogni artista, sei qui fuori e lotti per la tua esistenza creativa. E’ questo che vediamo fare anche a Grace.  E mentre lo fa vediamo il piacere che prova nel fare musica, specialmente in quei momenti creativi con Ivor Guest e Sly & Robbie.

Intanto, lavorare con Grace è stato anche solo semplicemente divertente! E’ spiritosa, ho cercato di ridurre al minimo la mia presenza nel film in modo che lo spettatore potesse sentirsi per due ore a tu per tu con lei. Le performance sono parte centrale della persona e dell’artista ovviamente, quindi era necessario che ci fossero nel film. Mi interessa molto anche l’essere come performance quotidiana. “Chi devo essere oggi? Chi mi sento di essere oggi?”. Questo è parte della vita di ogni uomo, e certamente lo è per ogni donna.

In questo senso Grace è un soggetto incredibile. Potrebbe essere un errore pensare che lei indossa una maschera per nascondere una versione sempre uguale di se stessa. Nel film vediamo il processo di costruzione della versione di Grace artista che salirà sul palco: il trucco e la maschera la fanno diventare Grace, ma è un continuo processo sperimentale che la porta a capire chi è e chi vuole essere in quel momento assecondando quello che prova in quell’istante. Una cosa che affascina il pubblico è certamente il suo modo di passare da un accento all’altro: francese, inglese, giamaicano, americano o ancora giapponese, oppure mentre parla in inglese con accento giapponese. Mi sono resa conto, dopo il montaggio del film, che la questione dell’identità si ripresenta per tutto iI film, oltre al tema dell’androginia che la accompagna da sempre. “A volte devi essere una stronza che vola alto” dice, o “Mi sento tribale,” oppure “Hey, sono umana!” o ancora “La pantera che è in me sta venendo fuori”, “Mi sento come una bambina di sei anni!”, “Sono una Gypsy, please!”. Può essere una lasciva ‘Williams’, una ‘Jones’ o l’autoritario ‘Mas P’.

E’ affascinante il modo in cui Grace realizza che inconsciamente a volte si trova a interpretare il terribile patrigno giamaicano ‘Mas P’; in questo senso la sua performance è simile a un processo di trasformazione. E’ l’affermazione e la realizzazione del suo impulso creativo. Grace non è una vittima e non ha paura. Grace trasforma la paura, la butta fuori e scaglia questa enegia sul pubblico.

Questo ci porta a un altro piano del film: la sua vita da girovaga per il mondo. Il luogo in cui si trova determina anche la sua identità.  E’ costantemente in movimento, non riesci a capire dove sia per lei casa. Se qualcuno mi chiedesse dove vive Grace, potrei solo rispondere “Sul palco”.

Il palco è la sua ancora, il punto fermo. C’è così tanta dissociazione tra spazio e tempo che il palco diventa l’unico luogo fisico a cui può ritornare.

Credo sia questo il bello del “cinema verità” o di un documentario. Sto cercando un termine per definire questo nuovo tipo di genere, perché è così frustrante che oggi si voglia per forza incasellare un film in un genere preciso. Non si tratta di finzione, ma nemmeno di giornalismo. Il valore dell’opera sta nella ricchezza di momenti ed episodi che sei riuscito a catturare. I contrasti che abbiamo affrontato con Grace non sono altro che gli stessi pazzi contrasti del mondo in cui viviamo. Durante il montaggio ci siamo sbizzarriti con effetti, giochi, alternanza tra giorno e notte e spostamenti repentini da un luogo all’altro.

Sì, e vediamo Grace mentre applaude la performance della madre in Chiesa. Che tu sia religioso o no, senti che c’è qualcosa di potente mentre le guardi. Io credo che questo accada per via della mancanza di intimità vissuta da Grace nei confronti dei suoi genitori durante l’infanzia – questo è un elemento cardine in tutta la parte del film che parla della Giamaica. Vediamo la madre di Grace intonare esultante “God’s eye is on the sparrow, and I know He watches over you and me!”, ma per Grace queste parole facevano riferimento all’occhio della madre e a quelle attenzioni che per molti anni preziosi sono mancate nell’infanzia di Grace.

Uno sguardo, un’occhiata, o semplicemente essere vista: questa esigenza emerge potente attraverso il materiale raccolto. Per chi si occupa di cinema è qualcosa di fondamentale, il cinema è un mezzo capace di catturare visivamente il mondo, ma ti permette di farlo in modo personale. Con la mia telecamera, posso dare uno sguardo intimo, il quale a sua volta passa attraverso lo sguardo di ogni persona che vede il film.

Biografia

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BIOGRAFIA DI GRACE JONES
(Spanish Town, 19 maggio 1948)

Non lo immaginereste mai, ma quando Grace cominciò a cantare come professionista, la prima volta in uno studio di registrazione si bloccò completamente: tremava, non riusciva ad emettere suono, non aveva trovato la sua voce, non sapeva di avere una voce. Provava a cantare come gli altri cantanti, perché così le veniva detto di fare, ma non riusciva a farlo. “Ero molto timida. Ma, pensai, voglio davvero farcela. Devo farlo. Cantai sotto il tavolo così che le persone all’interno dello studio non potessero vedermi. Per me fu come rinascere”, racconta Grace. Quando riuscì a cantare, venne fuori la vera Grace, con la sua anima perduta e la sua mente iperattiva, che avanzava, capace di muoversi con una tale energia, pronunciando parole, creando ritmo e manipolando la melodia dando vita a un suo universo personale.

Con il suo primo album, Portfolio (1977), passa dall’essere un’esotica modella con un passato traumatico a diventare una diva da discoteca. Strana, potente e determinata, disinibita ed esuberante, con la sua voce morbida e profonda era in grado di penetrare l’essenza di piacere e dolore, e per questo divenne famosa come la Regina delle Discoteche Gay. Portfolio fu pubblicato dopo che Grace divenne una top model di livello internazionale nei primi anni ’70, comparendo sulle copertine di Vogue e Elle. Divenne una modella dopo aver studiato teatro per un breve periodo all’Università di Syracuse a 17 anni, per poi trasferirsi prima a Philadelphia e poi New York, dove, dicono, si rasò la testa e si prestò come modella di nudo per studiosi di pittura e provò a fare anche la cubista. Grace fece inoltre delle audizioni per film della cosiddetta “black exploitation”, allora molto di moda. “Arrivavo sempre seconda. Venivo spesso richiamata, ero quasi sul punto di farcela, ma alla fine non venivo scelta. C’era molta competizione e la mia faccia non era adatta per quel mondo. La mia faccia era speciale, ma era molto difficile trovare lavoro”.

Grace è nata a Spanish Town, in Giamaica, figlia del reverendo Robert Jones e di Marjorie Jones. Christian è il nome del suo fratello gemello. La famiglia è di religione pentecostale. Ebbe un’educazione estremamente severa. Passioni di un certo tipo furono limitate in modo significativo. Ebbe un matrimonio combinato e rifiutò con forza i rituali immutati della Chiesa. Spesso afferma che “la sua non fu un’infanzia”. La famiglia si trasferì a Syracuse quando aveva 13 anni. Al liceo venne dichiarata “socialmente malata”. Lei ricorda chiaramente la soddisfazione di essere stregata e sentirsi diversa e speciale. Una colpa agli occhi degli degli altri, che per lei era invece quasi un trionfo e motivo di vanto. Grace assorbì tutto e si preparò all’azione. Scoprì le attrazioni e le seduzioni di un mondo che le era stato precedentemente negato e recuperò il tempo perduto: si imbarcò in un fantastico viaggio attraverso lo spazio, il tempo e la sessualità.

Keith Haring dipinse la sua pelle e la sua velocità scandalose. Chris Blackwell la cercò ed arrangiò un suono che era la sua mente ed il suo cuore sotto forma di nobili onde sonore e cristalline. Helmut Newton fotografò i suoi occhi, il suo respiro e le sue ossa. Disse, hai le gambe più belle di tutte. Adorava le sue caviglie. Jean-Paul Goude decostruì il suo orgoglio, la sua mente e il suo corpo e ne espose un puzzle, fece alzare le sue sopracciglia ed adorò la donna. Divorava macchine e schiaffeggiava presentatori di show televisivi, scalava montagne in un balzo, combatteva contro i suoi demoni e conquistava lo spazio, attraversò gli anni ’80, passava dalle parole ai fatti e leggeva le nostre menti, si scontrò seminuda con James Bond ed ebbe alti e bassi erotici, spirituali e coniugali. Grace non rinuncia a giocare con la propria immagine, utlizzando costumi scenografici e appariscenti perché ama interpretare il ruolo di dea dell’intrattenimento, ama esibirsi e ha bisogno che il mondo – o le poche persone che sono con lei in questo universo underground e quelle che potrebbero assistere a ciò che succederà – sappiano che lei è la persona che è. Grace, eterna.

Discografia

2008 – Hurricane
1989 – Bulletproof Heart
1986 – Inside Story
1985 – Slave to the Rhythm
1982 – Living My Life
1981 – Nightclubbing
1980 – Warm Leatherette
1979 – Muse
1978 – Fame
1977 – Portfolio

Filmografia

2008 – Falco – Verdammt, Wir Leben Noch!
2006 – No Place Like Home
1999 – Palmer’s Pick Up
1998 – McCinsey’s Island
1995 – Cyber Bandits
1992 – Il principe delle donne
1987 – Siesta
1987 – Diritti all’inferno
1986 – Vamp
1985 – 007 – Bersaglio mobile
1984 – Conan il distruttore
1981 – Deadly Vengeance
1976 – Quelli della calibro 38
1976 – Let’s Make a Dirty Movie
1973 – La Guerra dei Gordon

Grace Jones’ Band

Charles Stuart è polistrumentista, cantante, compositore e insegnante. Ha debuttato con il singolo The Man Who Likes Watching realizzato con la Slowfoot Records. Negli ultimi anni Charles ha collaborato alla colonna sonora del cortmetraggio Orange People, all’album di Skye Edwards Keeping Secrets ed è andato in tourneé con la Grace Jones’ band. Attualmente sta lavorando a un progetto intitolato The Fish Police dove, assieme a Dean Rodney e Matt Howe, intonano canzoni che parlano di cibo, tv, videogiochi e molto altro relativo al mondo giapponese. Con The Fish Police hanno realizzato un tour mondiale e ora sta lavorando al secondo album.

Nato a Londra, è noto per il suo singolo di debutto Love Makes The World Go Round e per la hit Unbreakable, molto amata dagli appassionati della musica soul. Recentemente Don-E è andato in tour con Grace Jones e collaborato con artisti come Brian Eno, Paulo Nutini and The British Collective. Il suo viaggio nella musica ha avuto inizio quando suo padre gli regalò una chitarra fatta a mano per il suo quinto compleanno. La musica di Don-E è influenzata da Michael Jackson, Dennis Brown, Bob Marley, Stevie Wonder, Earth Wind & Fire e Marvin Gaye – assieme a un apprezzamento personale verso la musica House, Soul e R’n’B. Don-E ha collaborato anche con artisti leggendari del calibro di Beverley Knight, Lauryn Hill, Rahsaan Patterson, Mica Paris, Omar e Shaun Escoffery. Don-E ha pubblicato il suo nuovo EP The Lost Tapes ad aprile, dopo il successo dei precedenti album Little Star, Future Rare Grooves e Future Rares 2.

Front man e compositore per Rialto a fine anni ’90, Louis Eliot ha recentemente contribuito con Ivor Novello all’album Adventure Man. Louis ha suonato per Evan Dando dei Lemonheads, per Skye dei Morcheeba, ha duettato con Lily Allen e composto musiche per spot commerciali e campagne pubblicitarie internazionali. E’ anche il chitarrista dei Vangoffey. L’album del 2010 di Louis dal titolo Kittow’s Moor è stato inserito dal Guardian tra primi dieci migliori album dell’anno. Dal 2011, Louis è chitarra solista nella Grace Jones’ band e ha preso parte al tour mondiale dell’artista. Attualmente sta collaborando con altri artisti e sta registrando un nuovo album con il produttore Liam Watson presso i Toerag Studios. E’ anche curatore co-organizzatore dell’annuale Port Eliot Festival a Cornwall.

Dal 2008, Malcolm Joseph è il bassista ufficiale di Grace Jones. Originario di Hackney, Londra, Malcolm si appassiona alla musica fin da piccolo, suona abasso e chitarra, ma è anche compositore e produttore. Malcolm è co-fondatore della band 7th Heaven, tra i migliori 10 gruppi dance in classifica nel 1985. Ha pubblicato un album solista e ha collaborato con numerosi artisti tra cui Massive Attack, Neneh Cherry, Soul II Soul, Des’ree, Ray Mang, Dave Stewart, Sean Oliver e molti altri. Insegna musica ai giovani di Cornish.

Andrew McLean suona il piano dall’età di tre anni. Suona la batteria dall’età di unici anni, ispirato dal fratelllo Donald McLean, in arte Don-E. La carriera da professionista ha inizio nel 1999 all’età di 19 anni con il gruppo Sugababes, con cui ha suonato per quattro anni e intrapreso un tour in tutta Europa. Ha lavorato con Ms. Dynamite, Asher D, Corinne Bailey Rae, Don-E, Loose Ends, Omar, VV Brown, Ed Drewett, Professor Green e Grace Jones.

Duo vocale, cantano insieme da 15 anni, 10 dei quali come vocalist di Grace Jones. Nel 2015 hanno pubblicato Diamond molto apprezzato da Louie Vega, DJ Spen, Joey Negro and Terry Hunter, per citarne alcuni. Ora stanno lavorando al progetto The LIVE Experience.

Disponibile in DVD e On Demand

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